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ONAS Organizzazione Nazionale Assaggiatori Salumi
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A cura dell’ONAS Organizzazione Nazionale Assaggiatori Salumi
Risalgono circa all’anno Mille i primi documenti che attestano l’allevamento del maiale nelle comunità di montagna trentine, la nascita delle corporazioni medievali dei macellai e la creazione delle prime botteghe ove si commercializzava la carne fresca e lavorata. A partire dal basso Medioevo prendeva piede la tradizione nei nuclei familiari di allevare alcuni capi di bovini e di suini, che servivano per la produzione della “Luganega trentina” destinata per lo più all’autoconsumo.
Le luganeghe venivano prodotte direttamente in famiglia e solo un’esigua quantità veniva inviata alle macellerie, a disposizione di chi non aveva in casa il maiale.
Il macellaio veniva spesso chiamato nelle famiglie per l’uccisione del maiale e per eseguire tutta la successiva lavorazione. Le parti nobili (coscia, spalla) venivano salate ed affumicate, mentre la rimanente materia prima veniva macinata ed insaccata con spezie, in piccoli salami chiamati, tra le varie espressioni usate allora, anche “luganeghe”.
La Luganega trentina entra a far parte dei piatti della tradizione gastronomica trentina (Canederli, Smacafam) già dal XIV-XV° Secolo, epoca in cui appaiono i primi ricettari della cucina locale.
Senz’altro la luganega è il salume trentino per eccellenza. Fondamentalmente, è un insaccato a base di carne magra di suino e di lardo, macinata a grana media, alla quale si aggiungono sale, pepe macinato e aglio.
Le carni sono insaccate in budello naturale in file lunghe anche quattro metri e legate a intervalli regolari in salamini lunghi 10 - 15 centimetri con un diametro che va dai tre ai cinque centimetri. Appese a stagionare in un luogo fresco, dopo un periodo che va dai quaranta giorni ai quattro mesi, sono pronte per il consumo che avviene nelle forme più diverse.
Sulla base comune, piuttosto semplice, ogni vallata trentina ha elaborato in passato la sua particolare variante: in alcune zone si aggiungono al suino parti di carni bovine, ovine e caprine (in questo modo si usano le carni degli animali a fine carriera) oppure di selvaggina.
Differenze esistono anche nella stagionatura, in alcune vallate si consumano più stagionate, oppure sono rese più saporite da una concia arricchita di chiodi di garofano e cannella.
La luganega fresca è l’ingrediente classico di molti piatti tipici, in particolare i canederli (a base di pane raffermo), il tonco de pontesel (simile allo spezzatino, ma con un’aggiunta di luganega e legato con farina di frumento tostata), i crauti (ai quali viene aggiunta durante la cottura), lo smacafam (una specie di torta salata fatta sminuzzando la luganiga con un po’ di pancetta affumicata e lardo a dadini, aggiungendola a un impasto di latte, farina bianca e farina di grano saraceno e cuocendola al forno per servirla, infine, con verdure fresche, se possibile con i denti di cane che si raccolgono a fine febbraio).
Alla prossima puntata….