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di ANDREA DI BELLA
“Non possiamo più dirci giovani dopo un decennio segnato da profondi cambiamenti sostanziali e simbolici”. Così, a dieci anni dalla nascita dell’Ateneo, il Rettore Piercarlo Grimaldi ha esordito alla cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2013-2014 dell’Università di Scienze Gastronomiche non può più dirsi giovane. “L’anno accademico che inauguriamo scandisce il decimo anno della nostra vita didattica e scientifica e rappresenta, dunque, un cruciale tornante della nostra storia, già fortemente segnata da profondi significati sostanziali e simbolici.”
Negli ultimi dieci anni l’Ateneo si è impegnato nell’arduo compito di definire i confini disciplinari della gastronomia: attraverso un percorso di coscienza di un cibo buono, pulito e giusto, l’Università ha dato un radicale contributo all’interrogazione scientifica sui temi della gastronomia. “L’esito di questo lavoro sta trovando un suo primo momento di sintesi, di consolidata espressione scientifica e di comunicazione ne “Il Manifesto di Pollenzo”, che l’Ateneo presenterà e discuterà in alcuni giorni del mese di giugno dedicati a riflettere e a festeggiare la felicità dei nostri primi dieci anni di vita accademica, cogenti ai dieci anni di Terra Madre e ai venticinque di Slow Food. Uno strategico tornante, decisivo per una gastronomia liberata.”
"Tutto ciò avviene con un approccio olistico, ha precisato il Rettore. " Olismo significa pensare alla gastronomia nel suo intero, il cibo a 360°, perché il cibo è una materia interdisciplinare, dove è necessario cammino comune tra scienze “esatte” e quelle umanistiche. La proposta dell’università si fonda sul saper fare, investendo “sul singolo giovane che vuole essere partecipe di questa umana avventura, cercando già di identificare - nel percorso di selezione degli aspiranti - le tensioni ideali che lo portano a vivere l’esperienza pollentina: la passione per la gastronomia e le idealità che essa richiede.”
È stata la volta, poi, delle voci di due studentesse, Domitilla Giuliani e Stacy Stout, che hanno reso tangibili due idee che stanno alla base della filosofia dell’Università: la tradizione e la comunità. "Ogni studente porta con sé un mondo, le sue origini, la propria terra e una volta raggiunta Pollenzo, tutti sono parte integrante di una comunità internazionale ricca. È qui l’importanza del creare rete, legame, un network di menti fertili di idee e ricche di potenzialità."
Dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali è giunto l’intervento del suo Direttore Generale, Antonia Pasqua Recchia, che ha sottolineato come il cibo sia un patrimonio culturale e come sia fondamentale una strategia per la valorizzazione dei territori. “Il ruolo dell’Università di Pollenzo in una strategia di sviluppo sostenibile per le comunità e per gli individui custodi di tale patrimonio è indispensabile”.
Infine, Carlo Petrini, Presidente dell’Università, ha descritto quest’anno come particolarmente significativo proprio perché il decimo di questa istituzione. “È forte il sentimento di soddisfazione per essere arrivati fino a qui, con l’orgoglio di una comunità che ha passato anche momenti difficili. Basti pensare solo al fatto che quando l’università stava nascendo, il sistema normativo accademico non prevedeva quelle che i fondatori hanno chiamato scienze gastronomiche, nonostante nel corso dei secoli siano sempre state parte integrante del nostro sapere scientifico. È così che siamo partiti da zero”.
Petrini ha ribadito l’importanza della sfida della complessità, basata sulla visione olistica e integrata delle materie: l’università la vive sulla propria pelle, “è una sfida che viviamo perché la incarniamo, la affrontiamo giorno dopo giorno”.
"Il compito del gastronomo è quello di capire fino in fondo quale sia il vero ruolo della gastronomia, che al giorno d’oggi diventa sempre più una moda, fino a deragliare su terreni che non sono né scientifici né morali. I nostri studenti hanno le capacità di ricondurre la gastronomia in un contesto più logico e armonico, grazie alle loro solidi basi olistiche”.