La regione Campana è una regione in cui sono presenti allevamenti di una razza autoctona, il maiale Nero Casertano, il ceppo suino più importante dell’Italia meridionale. Si tratta di un suino autoctono che da almeno 2000 anni popola la Campania, diffuso in particolare nella provincia di Caserta. Questa razza suina era ed è fonte di materia prima per la realizzazione dei salumi campani.
I salumi tipici campani sono:
- Salsiccia di polmone
- Prosciutto di Pietraroja
- Salame di Agerola
- Salame di bufalo campano
- Salame di Mugnano del Cardinale
- Salame Napoli
- Salsiccia di Napoli
- Mozzariello
- Nnoglia di maiale
- Prosciutto di Casaletto
- Samurchio
- Soppressata di Gioi Cilento
Ne tratteremo alcuni in questa puntata e gli altri nelle successive.
SALSICCIA DI POLMONE
Detta anche Polmonata o Salsiccia Matta o “pzzentu” (quest’ultimo termine viene usato per indicare la povertà di tale salume); è un salume fresco di puro suino prodotto in tutta la Campania; viene realizzato usando scarti provenienti da altri salumi. Partendo da una base di tagli di terza scelta (cuore, fegato, reni, milza, polmone e carni rosse), questi vengono tagliati a mano fino a formare un impasto, cui vengono aggiunti sale, pepe e peperoncino; l’impasto viene poi insaccato in un budello naturale, a formare salsicce lunghe e strette, poste a riposare in un luogo fresco e asciutto per qualche giorno.
PROSCIUTTO DI PIETRAROJA
È un prosciutto crudo stagionato che prende il nome dall’omonimo paesino che si trova a 800 m s.l.m. in provincia di Benevento. Si prepara con cosce di maiali allevati in zona allo stato brado, che vengono rifilate e messe sotto sale per almeno trenta giorni, tenendo conto della loro pezzatura. Terminata la salagione, le cosce sono poi spazzolate e messe sotto pressa per un paio di giorni, in modo che i tessuti muscolari rilascino acqua e sangue. Vengono poi poste ad asciugare in un locale caldo per ulteriori quattro giorni per completare l’asciugamento e assumere un leggero aroma d’affumicato, grazie alla legna lasciata ad ardere su un braciere. Terminata questa prima operazione d’affumicatura, il prosciutto viene riposto sotto pressa per un altro paio di giorni, e si procede con una seconda fase d’affumicatura ed, eventualmente con una terza, nel caso si tratti di cosce con peso superiore ai 15 kg.
Una volta concluso il ciclo delle affumicature, il prosciutto viene messo in cantina, insaccato in particolari reti che non permettono l’ingresso di insetti, a stagionare per due anni; questo prosciutto è infatti noto per questo tipo di stagionatura detta anche “Essicazione naturale”.
Alla prossima puntata….