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ONAS Organizzazione Nazionale Assaggiatori Salumi
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a cura dell’ONAS Organizzazione Nazionale Assaggiatori Salumi
La storia
Sarebbe troppo facile, parlando del Prosciutto di Norcia, cedere alla tentazione di vantare diritti di primogenitura, sulla professione e sulle attività collaterali che da questa città hanno preso il nome.
È il caso di termini come “norcino”, nome attribuito agli abitanti della città, ma anche e soprattutto per indicare chi si dedica alla lavorazione delle carni suine, e “norcineria”, che si riferisce allo stesso tempo ai prodotti che se ne ricavano e ai negozi dove si vendono i salumi.
Ma a quando si può far risalire la familiarità degli abitanti della Valnerina con l’allevamento dei suini e con la trasformazione delle loro carni in prosciutti e insaccati? Difficile stabilirlo, ma, stando a quanto scriveva Marziale oltre duemila anni fa: “Cerretana mihi fiat, vel missa licebit de Menapis: lauti de petasone vorent”. “A me sia servito un prosciutto del paese dei Cerretani (da Cerreto in Valnerina) o me ne sia spedito...ecc.” la consuetudine di preparare i prosciutti era già ampiamente diffusa su questa parte del territorio umbro, ben prima della nascita di Cristo.
A favorire lo sviluppo dell’arte norcina, perché di vera e propria arte si può parlare, è il fatto che nella Valnerina, così come nelle ricche foreste dei Monti Sibillini che la circondavano, i suini allevati allo stato brado si alimentavano con i frutti dell’abbondante vegetazione stanziale e in conseguenza di questo le carni acquisivano il loro gusto, anche grazie all’aria pura dei vicini Appennini.
Non fu quindi un caso se l’Imperatore Flavio Vespasiano (9-79 d.C.), nativo di queste parti e proprietario di vasti terreni, destinò gli schiavi catturati durante la conquista di Gerusalemme, all’allevamento e alla macellazione dei suini, confidando anche sul fatto che la loro religione gli impediva di cibarsi delle carni di questi animali.
Ma non è certo questa l’unica curiosità legata alla storia millenaria del Prosciutto di Norcia, perché fu proprio la familiarità con l’anatomia dei suini, per molti versi simile a quella umana, che fece sì che i “norcini” divenissero ben presto noti anche per la pratica della piccola chirurgia. Furono i monaci dell’Abbazia di Sant’Eutizio, esperti nell’arte chirurgica, a trasmettere ai “norcini” le loro conoscenze, insegnando loro ad intervenire per togliere l’ernia inguinale, rimuovere i calcoli alla vescica e altri delicati interventi come l’eliminazione delle cataratte e altre fastidiose patologie del corpo umano. Attività che col tempo si sviluppò sino a dare vita ad una vera e propria “Scuola chirurgica preciana”, che formò importanti chirurghi conosciuti in tutta Europa.
La grande esperienza e le particolari attitudini dei mastri “norcini” alla lavorazione dei prosciutti e degli insaccati, li portò ad emigrare in altre parti d’Italia e ad aprire le prime botteghe nelle città più importanti, riunendosi in vere e proprie corporazioni, così come era già avvenuto per altri abitanti della Valnerina dediti alle professioni di dazieri e facchini.
Ancora oggi, anche se le “Norcinerie” legate alle famiglie originarie di Norcia e della Valnerina si sono notevolmente ridotte, il Prosciutto di Norcia continua ad essere uno dei capisaldi della tradizione salumiera italiana e questo grazie soprattutto alla indiscussa capacità dei “mastri norcini” che da secoli, hanno mantenuto immutate le tecniche di lavorazione e con esse le caratteristiche organolettiche dei prosciutti prodotti e stagionati in questi luoghi privilegiati e perfettamente adatti a questo scopo, come lo testimoniano i tanti secoli di storia e l’immutata qualità dei salumi prodotti nel territorio.
Alla prossima puntata…