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Giuseppe D’Aquino, di origini campane, inizia il suo percorso formativo prendendo il diploma di tecnico industriale, ma la passione per la cucina ha avuto il sopravvento e sceglie di cambiare rotta e di trasformare la passione in professione.
I suoi esordi sono in Costiera Amalfitana e debutta come commis in diversi ristoranti italiani, ma nel 1990 decide di partire per l'estero per arricchirsi di esperienza e di conoscenze linguistiche. Lavora a Parigi, dove nel 2002 è stato nominato chef di cucina, poi Londra, Los Angeles e Dubai.
Dopo le diverse esperienze decide di ritornare alla terra natale dirigendo la cucina di Villa Mangiacane nei pressi di Firenze. Dal 2010 occupa la posizione di chef di cucina del ristorante Oseleta all’Hotel Villa Cordevigo. A novembre 2013 ha conquistato la prestigiosa Stella Michelin.
Ristorante Oseleta - Località Cordevigo, Cavaion Veronese (VR), tel. 045 7235287
Come e perchè ha iniziato questa carriera?
Bella domanda ! io mi sono diplomato a pieni voti come perito elettronico industriale, ma già dal 4 ° anno avevo capito che non era la mia strada perché la passione era cucinare. Mi mancava la preparazione, ma la voglia e la forza di volontà mi hanno fatto iniziare in un piccolo ristorante della Costiera amalfitana con lo chef Cappuccio, poi via via l’esperienza è continuata anche all’estero..
Il cuochi sono un po’ tutti errabondi, ma quanto è importante andare all’estero?
Secondo me è vitale e fondamentale, ti apre a nuove culture e per una persona che fa il nostro lavoro soprattutto la conoscenza delle lingue è indispensabile, al di là di quella che può essere l’esperienza professionale. Oggigiorno gli ospiti identificano uno chef con un piatto e spesso hanno piacere di conoscere chi ha cucinato per loro, se non parli la loro lingua si perde qualcosa. Inoltre il contatto con altre culture ti arricchisce e nel mio caso , mi portato ad apprezzare ancora di più i prodotti della nostra Italia, che all’estero sono difficili da trovare altrettanto buoni.
Lavorare in un wine relais è diverso che in un qualunque ristorante?
Lavorare in un ristorante abbinato ad una struttura alberghiera è certamente diverso, perché le aspettative e le esigenze del cliente sono diverse. Il servizio deve essere equivalente sia al tavolo che alla reception come in camera, per cui se qualcosa non va si ripercuote anche sul resto.
Poi ci sono i lati positivi. In Italia dal ristorante all’interno di un hotel erroneamente ci si aspetta un certo tipo di cucina, magari meno ricercata, mentre in realtà ci sono ristoranti importanti anche all’interno di strutture alberghiere, un esempio per tutti Villa Crespi con Antonino Cannavacciuolo.
Come e quando ha conquistato la stella Michelin?
E’ arrivata lo scorso inverno, al termine di un progetto iniziato tre anni fa per la valorizzazione del ristorante ed è arrivata nella maniera più semplice, lavorando con dedizione e molta cura dei particolari, dalla scelta delle materie prime al servizio al cliente. E’ stato molto gratificante sia per me che per la proprietà che ha creduto nelle mie potenzialità.
Di solito è la massima aspirazione per uno chef lei ha un altro sogno, magari aumentare il numero delle stelle?
Sono felice per quello che ho ottenuto ma mi auguro di avere sempre le stessa grinta, la stessa passione e la stessa voglia di fare questo lavoro. Poi se ci saranno altri riconoscimenti…ben vengano, ma l’importante è che non venga mai a mancare l’entusiasmo.
Cosa caratterizza la sua cucina?
Non credo ci sia una cosa in particolare, penso che siano gli imput ricevuti in gioventù , non le ricette ma i prodotti come il pomodoro del Piennolo che nasce alle falde del Vesuvio. Potrei dire la mediterraneità e la semplicità. Nel mio menù i piatti sono semplici come la spigola all’acqua pazza, è nella semplicità che si esaltano le qualità del prodotto. La natura ci regala prodotti meravigliosi che noi cuochi dobbiamo solo cercare di “non andare oltre” e lasciarli nella loro naturalezza.
Qual'è l’ingrediente segreto che non le manca mai?
Il pomodoro sicuramente è al primo posto, anche se non posso utilizzarlo dappertutto, seguito dai limoni e dalla mozzarella che faccio in vari modi
Quando è dall’altra parte come cliente che cosa cerca in un piatto?
Credo di esser un buon cliente perché sono uno che non si lamenta, proprio perché conosco la situazione, ritengo che in un piatto non ci debbano essere più di tre elementi. E torniamo al discorso della semplicità, non amo gli stravolgimenti come ad esempio il tiramisù alle fragole, al melone ecco, quello è un dolce con mascarpone ai frutti, perché il tiramisù è codificato.
E’ molto severo nel giudizio con i suoi colleghi?
Sinceramente mi adatto anche una semplice pizza purchè sia buona, però il tutto rapportato alla situazione perché se vado in un tre stelle Michelin ho delle aspettative diverse e posso essere anche severo, così come lo sono con me stesso. Credo che sia giusto esprimere il proprio pensiero giudicare non va bene.