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Lucia Antonelli nasce a Castiglion dei Pepoli il 1 aprile del 1964. Sin da bambina manifesta una passione particolare per cucina, stimolata e coccolata dalla nonna materna che la considera la sua delfina. La passione per lo sport la distrae dalla sua vera passione e quindi intraprende un percorso diverso diplomandosi all’Istituto Superiore di Educazione Fisica.
Ma il destino cambia il corso della sua vita e nel 1973 ritrova la strada dei fornelli e inizia a gestire in prima persona lo storico ristorante dei suoceri Mario Mattei e Rosina, La Taverna del Cacciatore. Negli anni a seguire frequenta corsi di cucina di approfondimento, ma senza mai allontanarsi dal suo stile di cucina: la tradizione che abbraccia due regioni, l’Emilia Romagna e la Toscana, con una specializzazione nella cacciagione.
Lucia Antonelli mette disposizione la sua esperienza organizzando corsi di cucina e di sfoglia.
Taverna del Cacciatore – Via Cavanicce 6 Castiglion dei Pepoli (Bo) Tel +39 0534 91143
Com’è cominciata la storia di Lucia Chef?
La mia è una storia un po’ particolare e forse anche segnata dal destino. Sono nata in una famiglia molto numerosa, pensa che eravamo in tredici, la nonna, due sorelle ed io ero l’unica nipote femmina e la nonna che era la padrona assoluta della cucina, concedeva solo a me di aiutarla, nemmeno mia mamma o mia zia avevano accesso a certe mansioni che a me erano concesse. La nonna era molto gelosa della sua posizione e non permetteva a nessuno di entrare nel suo “regno “, solo io. Chissà, forse lei aveva già visto in me la sua erede! Mi ricordo che da bambina dicevo a mia mamma che da grande mi sarebbe piaciuto aprire un ristorante.
E poi si è avverato questo suo desiderio?
Ci ha pensato il destino, ho incontrato mio marito e i suoi genitori avevano un ristorante. Io facevo un altro lavoro ma, quando i miei suoceri hanno lasciato l’attività, ho avuto la possibilità di realizzare questo sogno.
Una donna divisa tra due grandi passioni, fornelli e sport…
Da adolescente, infatti, quando ho conosciuto il mio primo insegnante di educazione fisica, ho riconosciuto in lui quello che sarebbero stati i miei studi e il mio lavoro futuro: volevo fare l’insegnante. Così ho fatto, prima ragioneria e poi, l’Istituto Superiore di educazione Fisica e ho cominciato a insegnare in un periodo che purtroppo era già difficile per la scuola così dopo qualche anno, già mi dividevo tra la scuola e la cucina del ristorante dove davo una mano.
Quando hai cominciato ufficialmente l’attività di chef?
A soli 27 anni sono entrata come protagonista nella cucina del nostro ristorante, credo che sia sta una scelta coraggiosa in così giovane età. Mi sono resa conto che comunque la formazione che ho avuto, anche se non specifica, si è comunque rivelata utile, anche perché non mi occupo solo della cucina, ma di tutta la gestione dell’attività insieme a mio marito.
Anche tra gli chef esiste la competizione?
In primis con noi stessi, per quanto mi riguarda, sono molto, molto esigente con me stessa, cerco sempre di migliorarmi e di superarmi. Nei confronti dei colleghi la competizione intesa come rivalità, non è un sentimento che mi appartiene, c’è il confronto finalizzato ad acquisire qualcosa in più per arricchirmi.
Ora fai parte di un’associazione di chef in cui sei l’unica rappresentante femminile coccolata o discriminata?
Coccolatissima. All’inizio ero molto in ansia perchè considero i colleghi di alto livello e non sapevo se, oltre alla casualità che mi aveva portato lì, avrebbero desiderato che restassi, ma ora so che mi vogliono in squadra, anche perché ognuno di noi ha altre competenze, oltre la cucina, che si possono condividere ed essere utili a tutti.
Qual è il piatto che preferisci preparare e quello che mangi negli altri ristoranti?
Noi facciamo la sfoglia tutte le mattina appena si arriva al ristorante e quello è il momento più bello della giornata, lo trovo molto rilassante come inizio. Ma io non amo mangiare la pasta fresca, così come di dolci che preparo e non mangio. Quando vado fuori, non mangio né pasta fresca, né ripiena ma a parte il pesce che non amo, non cerco piatti speciali, un po’ di tutto.
Che cosa distingue la tua cucina?
Noi facciamo una cucina molto tradizionale che rispecchia il territorio in cui siamo. Credo che sia importante mantenere la propria identità e proporre il patrimonio che si ha, altrimenti diventiamo tutti uguali e non ci sono le differenze.
Non vedi nemmeno un lato negativo nella tua professione?
Il fatto di preparare qualcosa che altri possono apprezzare, gustare mi appaga tantissimo e mi ripaga anche della fatica. Anche insegnare ai ragazzi dell’alberghiero, mi piace molto, perché significa condividere e trasmettere le proprie esperienze, forse anche questo fa parte del mio passato, i miei due mondi continuano a intrecciarsi.
Un aneddoto?
Qualche tempo fa è morta una mia zia, molto brava in cucina, ma che non mi dava mai le sue ricette così ho chiesto alle mie cugine se potevo avere io il suo libro di ricette e le sue annotazioni, il Cucchiaio d’argento edizione 1952, che da bimba sfogliavo sempre e loro me l’hanno regalato e a mia volta alla mia nipotina Margherita lascerò tutte le mie ricette.